Acqua e Vento

Uno spazio per pensare, per comunicare, per trasmettere tutto quello che mi passa per la mente.... Mia nonna mi diceva spesso "tu sei acqua e vento". Un attimo prima la tempesta, un attimo dopo di nuovo il sole. Ecco, uno spazio pieno di sole.

09 aprile 2010

Un istante

Cesare Pavese disse: "Immortale è chi accetta l'istante".
Sono le 16,00 di venerdì pomeriggio, in ufficio fa caldo. Ho aperto la finestra per far entrare un po' d'aria e i rumori delle auto e dei motorini che passano nella via accanto mi fanno desiderare di salire sulla moto, abbracciare il mio fidanzato e lasciarmi portare via, lontano dalla città. Respiro l'aria di primavera e la voglia di muovermi pervade le mie ossa, arrugginite dal lungo riposo forzato dell'inverno. Mi prende la voglia di andare, esplorare, semplicemente stare all'aperto. Domani si comincia con un bel pic-nic, ma per settimana prossima ho già in mente un paio di mete per una gita di un giorno. Fortunatamente le idee non mancano mai! E intanto mi godo quest'attesa, la tranquillità del pomeriggio e il sole che occhieggia dalla finestra. L'istante, che racchiude in sé la propria essenza e la promessa del futuro, in nuce.

07 aprile 2010

Ok Italia? Povera Italia...

Nel cuore degli anni Ottanta Bennato cantava di un'Italia "bella di sera" che pur tra mille contraddizioni si lasciava ammirare, destreggiandosi "bene su quei tacchi a spillo". "Su un rapido che è sempre in ritardo (certe cose non sono cambiate…..) sei un grande sogno da attraversare"…. Che ne è stato oggi di quel sogno, vorrei chiedere al nostro Edoardo? Mi piacerebbe intervistarlo sui problemi dei nostri giorni, ma ho paura che gli susciterei una grande amarezza.
Lui che in omaggio all'Italia ha scritto anche un inno per i Mondiali, interpretato in coppia con Gianna Nannini, chissà che cosa pensa oggi del proprio Paese. "Passo di danza/(…) dolce e perversa fai un'altra promessa, tu…": questo passaggio può già farci intuire il marcio che cominciava ad affiorare, le promesse non mantenute… ma se allora si guardava all'America come oggetto del desiderio o irraggiungibile Paese dei Balocchi (mi piace questo paragone, tra i tanti possibili, perché rimanda al mondo fiabesco tante volte protagonista, tra pirati e burattini, nelle sue canzoni), quale può essere adesso la meta a cui aspirare? Che modelli offre la società contemporanea al di fuori dell'effimera realtà televisiva?
Sarò rimasta indietro, ma dopo gli eroi di quand'ero ragazzina non ne ho visti sorgere altri e mi spaventa questa assoluta mancanza di esempi di solidità morale da seguire. Abbiamo visto Obama ricevere il premio Nobel per la pace: ma per che cosa?!? Non aveva ancora avuto il tempo di fare nulla! L'assurdità del gesto si commenta da sé. La stella di Papa Giovanni Paolo II impallidisce tra gli scandali esplosi sotto il pontificato del suo austero e poco amato successore. Aung San Suu Kyi vive reclusa ed imbavagliata dal regime da anni. Il carisma del Dalai Lama si sta spegnendo in un vano peregrinare tra mezzi potenti che temono, ricevendolo, di suscitare le ire della superpotenza cinese, inarrestabile e tracotante. Mi fermo qui: ce n'è abbastanza da scrivere un saggio, ma non è questa la sede adatta e non voglio ridurre la mia esternazione ad un elenco della spesa. Sono sconfortata dal trionfo della mediocrità e della superficialità generalizzata, in cui chi vince è soltanto chi può vantare il patrimonio di Murdoch o l'imprenditorialità di Steve Jobs e chi fa parlare di sé in TV e sulle riviste di gossip.
La mia visione globale è talmente negativa che include ogni ambito. Senza entrare in campi che non mi competono, per tornare al punto di partenza non mi sembra nemmeno che negli ultimi anni siano nati gruppi musicali di rilievo. Il fenomeno di consumo del singolo pezzo, a di là della fidelizzazione ad un cantante/gruppo, fa sì che si brucino in poco tempo. Quanti sono i famosi del Duemila ancora in sella: Black Eyed Peas? Coldplay? A guardar bene anche loro sono nati alla fine degli anni Novanta… Non voglio dire che siano le capacità che mancano - di belle voci in giro ce ne sono sempre - ma la professionalità cede spesso il passo alla presenza fisica o alle stravaganze dei soggetti. Ancora una volta apparire, prima di tutto, a discapito dell'essere.
Sono certa che là fuori è pieno di ragazzi che pensano con la propria testa e che si rimboccano le maniche per costruirsi il proprio futuro, anche se già solo il precariato potrebbe essere sufficiente a bloccare le loro aspirazioni, dovendo pressantemente occuparsi della propria sopravvivenza, in primis. Per non parlare dei soldi che mancano, del tempo libero che non basta per sbrigare tutte le incombenze né per stare quanto vorremmo con i nostri figli, del lavoro che assorbe tutte le nostre energie migliori…
Nella società attuale mi sembra tanto che ci siano priorità ben più impellenti che mettersi a pensare dove stiamo andando: siamo troppo impegnati a stare a galla! Ma tutto questo ci impoverisce, concorre a quell'appiattimento culturale, a quella omologazione di massa che tanto temo. Perché la massa è troppo GOVERNABILE e MANIPOLABILE. Perché non si oppone. Perché consente senza batter ciglio a chi ci governa di fare esclusivamente il proprio interesse.
Che NON è quello del Paese.
Ok Italia………….. stiamo a vedere, come se si trattasse di uno spettacolo e non della nostra vita.
Qualcuno aspetta ancora un secondo Messia? C'è chi pensa che sia già arrivato e sorrida ammiccante da tutti i teleschermi, seduto nella poltrona più ambita del Parlamento.
Povera Italia.

01 aprile 2010

Ognuno è artefice della propria felicità

Mia sorella mi ha prestato un volumetto intitolato, curiosamente, "Istruzioni per rendersi infelici", di Paul Watzlawick. Sono appena 100 pagine, scritte in grande: si legge in una sera. Illustra come certi nostri processi mentali congiurino per procurarci l'infelicità, facendoci commettere sempre gli stessi errori perché ci convinciamo che il miglior modo in cui possiamo agire sia sempre lo stesso che adoperiamo da anni o trarre conclusioni negative da fatti e situazioni che di per sé non lo sono affatto. Con uno stile sottilmente ironico e largo impiego di esempi tratti dalla letteratura o da saggi di psicologi e psichiatri che si sono cimentati con l'argomento, l'autore ci guida attraverso una selva di comportamenti talmente "normali" che in qualcuno non possiamo non riconoscerci. A chi non è capitato di non credere una volta alla sincerità della controparte, soltanto perché, sulla base delle nostre personali convinzioni, "non è possibile" che la pensi così. Non affrontare mai un problema, perpetuandolo così all'infinito. O in momenti di sconforto e forte calo dell'autostima pensare di non meritare l'affetto degli altri. O ancora ritrovarci invischiati nel diabolico quanto assurdo tentativo di obbligare il prossimo a pensarla "spontaneamente" come noi. Imparando a riconoscere questi meccanismi, nel momento in cui dovessimo ricadervi, avremo una chance in più per evitarli. E risparmiarci così un po' di infelicità gratuita :-)