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Maya" di Jostein Gaarder non sono proprio riuscita a leggerlo. Magari se avessi tenuto duro ed avessi superato le prime 100 pagine, zeppe di colti riferimenti naturalistici e sull'origine della specie che il lettore medio se è come me preferirebbe risparmiarsi.... oppure, per una volta, potevo anche provare a saltare una trentina di pagine. Invece no. Salto alla fine (lo so che non si fa, ma ero in procinto di BUTTARE il libro e mi ha colta uno scrupolo...) e scopro un interessante Manifesto. Che Gaarder sia affascinato dall'origine dell'universo traspare anche dal suo ultimo libro,
Il Castello dei Pirenei, in cui il professore protagonista fa un breve excursus decisamente più "digeribile" di Maya sull'evoluzione dal Big Bang ai primi ominidi. Nel Manifesto trova invece una formula che mi ricorda
l'Enigma del Solitario per farlo. Affida brevissime "puntate" ai quattro semi delle carte e nomina perfino un Jolly... Buffo, non ho ancora finito di leggerlo, ma sento il bisogno di trascrivere il commento del 13 di fiori:
Noi portiamo un'anima e siamo portati da un'anima che non conosciamo. Quando l'enigma sta su due gambe senza risolversi, è il nostro turno. Quando immagini di sogno si pizzicano sul braccio senza svegliarsi, tocca a noi (Shakespeare scrisse: Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni...). Perché noi siamo l'enigma che nessuno decifra. Siamo la favola racchiusa nella propria immagine. Siamo ciò che continua ad andare avanti senza arrivare a capire.Dal cosmo al microcosmo che rappresentiamo... Che meravigliosa descrizione del mistero della vita, delle domande in noi ancora senza risposte, delle incertezze di un destino che non conosciamo e che seguiamo ignari, in una penombra rischiarata a volte da lampi di consapevolezza... Ecco, è in questi lampi che Gaarder è ancora grande.
Leggete
Il Mondo di Sofia, se volete un po' di luce